Più volte abbiamo chiesto uno spazio, non rendendoci conto che l’atto stesso di chiederlo e farcelo concedere fosse un limite. Se ci stato dato, è sempre stato poco e regolamentato da altri. Abbiamo aspettato il nostro turno di parola, ma non è arrivato il nostro tempo e di questo passo non arriverà mai. Siamo troppo poche per avere voce in capitolo, troppo sparse per essere considerate. In sostanza, siamo generazioni nate con le luci già spente e la gente in fila per uscire dalla sala. Ma abbiamo cose da dire, necessità di esprimerci e nessuna intenzione di farlo all’interno di strutture e attraverso pratiche cucite su misura per altri.
La Carnia ha bisogno di un ammutinamento culturale e generazionale. Non c’è più tempo di rimandarlo.
Siamo un gruppo di persone accomunate dal desiderio di creare uno spazio di espressione libera e di azione culturale.
Siamo un piccolo gruppo con la voglia di allargarsi, che ha provato, negli ultimi tre decenni, ad osservare questo territorio, andando, tornando e restando: ci siamo resi conto che in Carnia c’è tanto – stratificazioni di storia, tradizioni, biodiversità – ma c’è anche poco terreno fertile dove seminare e far fiorire nuovi pensieri, dove sradicare narrazioni esauste, dove sperimentare nuove idee di un presente che cambia e di un futuro incerto. Noi siamo questo: un tentativo di apertura per instaurare nuove connessioni, una lettura nuova del presente, un percorso di elaborazione condiviso e collettivo.
Collettivo perché sentiamo il bisogno di costruire qualcosa che non sia una mera collezione di opinioni. Troppo spesso i discorsi culturali nascono per nutrire narcisismi militanti. Noi vogliamo costruire qualcosa che non sia di nessuno, uno spazio libero perché frutto di quello che noi, tutte insieme, abbiamo deciso di buttare nella realtà. Uno spazio fatto di ascolto, di discussioni, di risate, di bestemmie, di sogni, speranze, delusioni condivise. Uno spazio in cui scrivere insieme e trovare qualcosa in cui riconoscersi.
Non vogliamo proporre, una volta ancora, una rivista ripiegata esclusivamente sulla Carnia.Siamo giovani/migranti/forest* che parlano della Carnia perché ci vivono, perché se ne sono andate, perché sono tornate. Vogliamo costruireuno spazio per raccogliere ed elaborare i nostri pensieri, uno spazio che sentiamo mancare. Pensieri che vengono da fuori e da dentro, suggestioni che vengono tanto dalla nostra storia in Carnia quanto dalle esperienze che abbiamo fatto fuori.
Vogliamo raccontarci. Girando per la Carnia a passo lento ci capita di vedere, intravedere o intuire cose belle e brutte. Questo spazio vuole far crescere le prime, contrastare e cambiare le seconde. Vogliamo scrivere delle difficoltà dell’abitare, dove sembra più facile investire in infrastrutture turistiche poco lungimiranti piuttosto che in servizi per chi vive (o vorrebbe vivere) la Carnia. Vogliamo scrivere dei nostri paesi e di altre comunità, di esempi, spesso nascosti, di alternativa e di attivismo. Vogliamo ragionare delle eredità e dei futuri lasciatici da chi ha migrato e continua a migrare, partendo o arrivando. Vogliamo parlare di bosco e di acqua, e così di equilibrio e di crescita, di tensioni, di conflitti e di cambiamenti e quindi anche parlare di governo del territorio. Vogliamo parlare di lingua, di lingue, di storia, di storie, immaginare futuri e passati, tentare insieme poesie e canzoni. Vogliamo parlare del mondo.
Vogliamo costruire Sterps par meti adun tutte queste cose. Abbiamo scelto di chiamarci Sterps perché gli sterps non si spostano neanche quando viene la piena, perché crescono anche nelle grave più inospitali e sulle rive più ripide, perché siamo una pianta di frontiera, colonizziamo interstizi e sottobosco. Hai voglia a estirparci, torniamo sempre. Gli sterps rompono la logica produttivistica di chi coltiva i boschi, creando nuovi ecosistemi che si prendono il loro tempo prima di lasciare di nuovo spazio al bosco. Tra gli sterps nasce il futuro.